GUIDA AI CONCORSI PUBBLICI

Ecco alcune guide per orientarti nel mondo dei concorsi pubblici.

Non hai mai partecipato ad un concorso e vuoi capire come orientarti? Vuoi sapere come si legge un bando di concorso e come si invia la domanda di partecipazione? Vuoi sapere di più sulle prove d’esame e sulle graduatorie? Leggi le nostre guide e imparerai ad orientarti.

Per “pubblico impiego” si intende l’impiego nella pubblica amministrazione (PA), che è costituita dall’insieme di tutti gli enti pubblici che, a vario titolo, erogano servizi ai cittadini. Per accedere al pubblico impiego è necessario essere cittadini italiani o appartenenti all’Unione europea ed aver compiuto i 18 anni di età.

Che cos’è la PA

Per P.A. si intendono, ai sensi dell’art.1, comma 2 del decreto legislativo165/01, “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.

La Costituzione dedica al tema del lavoro nella pubblica amministrazione numerose disposizioni, tra queste, si sottolineano in particolare i seguenti articoli:

  • art. 51 secondo cui deve essere garantito a tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso di “accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge
  • art. 54, comma 2 che recita “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore
  • art. 97, comma 2 “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” e comma 3 “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge
  • art.98, comma 1 “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”.

La revisione della disciplina in materia di pubblico impiego

Con il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) -modificato pochi anni dopo dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) – è stato dato avvio al processo di privatizzazione del pubblico impiego, fino ad allora regolato dal D.P.R. 10 gennaio1957, n. 3, contenente il “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”.

La legislazione in materia è stata in seguito oggetto di numerosi interventi normativi, qui ricordiamo i principali: il decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); la c.d. “riforma Brunetta” costituita dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, emanato in attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, più di recente modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2017, n.74. Si citano, per completezza, gli ultimi due interventi del legislatore di modifica e integrazione della disciplina in materia: il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dedicato agli aspetti più generali della materia (accesso al pubblico impiego e disciplina dei concorsi,
accertamenti sulle assenze per malattia, integrazione dell’ambiente di lavoro per le persone disabili, disciplina del lavoro flessibile, dotazioni organiche e assunzioni) e, infine, la recente legge 19 giugno 2019 n. 56 (Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo).

Al momento, e per chi si prepara a superare un concorso pubblico, la legge di riferimento quando si hanno dubbi sulle procedure da seguire è il decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) 9 maggio 1994, n. 487 “Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi”.

Per quanto riguarda invece il personale non dirigente del Servizio sanitario nazionale, il riferimento è il D.P.R. 27 marzo 2001, n. 220 “Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale”.

Scarica la guida “Lavorare nelle amministrazioni pubbliche: normativa di riferimento

L’assunzione nel settore pubblico può avvenire attraverso diverse modalità, anche se la via principale restano i concorsi pubblici.

Le assunzioni sono disciplinate dalle leggi vigenti e da rigide procedure amministrative. In base al decreto legislativo n. 165/2001, l’accesso al pubblico impiego può, infatti, avvenire tramite:

  1. l’avviamento tramite i Centri per l’impiego
  2. la stipula di contratti flessibili
  3. il collocamento mirato per disabili
  4. i concorsi pubblici

Secondo l’articolo 38 del decreto legislativo n. 165/2001I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”.
Lo stesso decreto 165/2001 dedica un articolo (l’art.57) alla valorizzazione del benessere di chi lavora nella PA e alle pari opportunità.
In particolare, le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro devono: – riservare alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso; – adottare regolamenti per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro; – garantire la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi stessi.

L’avviamento tramite i Centri per l’impiego

Riguarda le qualifiche per le quali è di norma richiesto il possesso della sola scuola dell’obbligo. La selezione è effettuata soltanto sugli iscritti all’ex collocamento (ora Centri per l’impiego), che presentano la propria candidatura per i posti messi a disposizione dalla pubblica amministrazione e resi pubblici dai Centri per l’impiego.

I contratti flessibili nel pubblico impiego

La disciplina dell’utilizzo delle forme flessibili di rapporto di lavoro nella PA è stabilita nell’art.36 del decreto legislativo 165/2001, il cui primo comma, prevede un regime di particolare favore per il reclutamento a tempo indeterminato (“Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35.”). Il comma successivo stabilisce: ”Le amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l’applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche possono stipulare i contratti di cui al primo periodo del presente comma soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall’articolo 35”.
Oltre alle leggi, sono i contratti collettivi nazionali a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo.

Il collocamento mirato nel pubblico impiego

Per quanto riguarda il “collocamento mirato” per i disabili (e categorie protette) nella Pubblica Amministrazione, secondo la legge 12 marzo 1999, n. 68 (integrata dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125) tutti i datori di lavoro, privati e pubblici (e quindi anche la Pubblica Amministrazione), con più di 15 dipendenti, sono interessati dalle disposizioni sul collocamento obbligatorio, e sono tenuti ad assumere una quota di lavoratori disabili variabile in base al numero dei dipendenti. Infatti l’art. 3 prevede:

  • le aziende da 15 a 35 dipendenti devono assumere 1 disabile;
  • le aziende da 36 a 50 dipendenti devono assumere 2 disabili;
  • le aziende oltre 50 dipendenti devono assumere il 7% di disabili sul numero dei dipendenti occupati.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 16 della citata legge 68/99, i disabili che abbiano conseguito l’idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 3, anche oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.

I concorsi pubblici

Per tutte le assunzioni, per le quali sia richiesta una professionalità specifica o comunque il possesso di un diploma di scuola superiore (almeno quadriennale) o di un titolo universitario, la pubblica amministrazione è tenuta a selezionare il personale attraverso un concorso pubblico aperto a tutti, anche per le assunzioni a tempo determinato o part time.

Scarica la guida “Modalità di accesso nel pubblico impiego

È importante ricordare che non esiste una procedura o un modello di concorso standard valido per il reclutamento di qualunque professionalità.
Nell’ambito degli strumenti previsti dalla legge e dai regolamenti, le Amministrazioni devono di volta in volta modulare sia le procedure sia i modelli a cui ricorrere al fine di pervenire alle soluzioni più adatte in relazione alla figura professionale da scegliere.

Tenuto conto delle metodologie di reclutamento previste dalla normativa vigente e in particolare dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, il bando di concorso definisce innanzitutto, in relazione alla professionalità da reclutare, quale tipologia di concorso pubblico risulta più adatta.

La disciplina è stata integrata più volte negli ultimi anni (e, da ultimo, dal decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75) nell’ambito di un più ampio intervento riformatore finalizzato ad aggiornare e migliorare la qualità, la professionalità e le competenze del personale che opera presso le amministrazioni pubbliche. Queste ultime sono state recentemente destinatarie di specifiche linee guida di indirizzo amministrativo sullo svolgimento delle prove concorsuali e sulla valutazione dei titoli con la direttiva n. 3/2018 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.

Come possono essere i concorsi pubblici

I concorsi possono essere:

  1. Per esami: si devono sostenere alcune prove al termine delle quali viene redatta una graduatoria (sono i più frequenti).
  2. Per titoli: le graduatorie vengono formate attraverso i titoli prodotti all’atto della presentazione della domanda di ammissione al concorso (titolo di studio, corsi, pubblicazioni), non si devono effettuare prove. Nel bando di concorso sono elencati i titoli utili all’accesso e quelli che danno punteggio.
  3. Per titoli ed esami: le graduatorie finali tengono conto sia dei titoli presentati che dei risultati delle prove sostenute.
  4. Per corso-concorso: le Amministrazioni richiedono ad un ente di formazione di preparare un corso-concorso per la formazione di un’unica graduatoria.
  5. Per selezione mediante lo svolgimento di prove volte all’accertamento della professionalità richiesta dai profili di qualifica o di categoria.

Se si tratta di un concorso per esami o per titoli ed esami, bisogna superare delle prove attitudinali (scritte, orali, pratiche) per essere assunti, o perlomeno per essere dichiarati idonei ed entrare in graduatoria.

Generalmente sono sempre previste una o più prove scritte ed almeno una prova orale (un colloquio). Possono essere utilizzati anche dei test attitudinali come prova di sbarramento. In alcuni casi è richiesto altresì il superamento di una prova pratica (in relazione al posto messo in concorso). I contenuti delle prove sono indicati nel bando. Inoltre, quasi tutti i bandi di concorso prevedono l’accertamento della conoscenza delle apparecchiature ed applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera. Il numero di prove varia a seconda del tipo di profilo professionale messo a concorso.
Le procedure di reclutamento possono essere variamente organizzate, a seconda anche della figura professionale da reclutare e dell’amministrazione che procede.
Occorre tuttavia tener conto della tendenza legislativa all’aggregazione delle procedure concorsuali e allo svolgimento dei concorsi unici, soprattutto per le figure professionali comuni.

Per espressa previsione di legge (art. 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101) le amministrazioni dello Stato, le agenzie e gli enti pubblici economici sono tenuti a svolgere concorsi pubblici unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni.
Il suddetto concorso pubblico unico è organizzato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che cura anche la previa ricognizione dei fabbisogni, avvalendosi della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (Commissione RIPAM) e dell’Associazione Formez PA.

Qualora le posizioni vacanti siano tutte collocate nella medesima regione, il concorso unico può svolgersi in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. In presenza di una chiara programmazione territoriale riferita ad amministrazioni o uffici aventi sede nel relativo territorio che determina una rilevante disponibilità di posti da bandire, si può procedere con i concorsi unici regionali.

Il decreto legislativo n. 75 del 2017 ha previsto, seppure in termini di facoltà, che anche tutte le restanti amministrazioni, diverse da quelle centrali, possano rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica per l’organizzazione di concorsi unici accentrati o aggregati per dirigenti o figure comuni che svolgono attività e compiti amministrativi analoghi e trasversali nelle pubbliche amministrazioni.

Lo svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata, con effettuazione delle prove in ambiti territoriali ampi, è dunque pratica obbligatoria per le amministrazioni centrali e rappresenta un’opportunità per tutte le restanti amministrazioni.

Scarica la guida “I concorsi pubblici

Il bando di concorso è il documento ufficiale che raccoglie tutte le informazioni riguardanti il concorso, specificando modalità di domanda e di selezione per una singola posizione. Esso è disciplinato dall’art. 3 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 e viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, IV serie speciale – Concorsi ed Esami, stampata dall’Istituto Poligrafico dello Stato, sul Bollettino Ufficiale della Regione (BUR) nonché sul sito dell’ente che indice la procedura.

Bisogna leggere con molta attenzione il bando, perché la compilazione corretta della domanda di partecipazione è fondamentale: dati incompleti o vizi di forma possono comportare l’esclusione dal concorso. Anzitutto devi controllare la data di pubblicazione, questo perché un concorso ha una durata limitata nel tempo e scade decorsi 30 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale – Concorsi ed esami. Un termine diverso sarà espressamente indicato.

  1. Leggi la dicitura completa del concorso, ad esempio: “selezione pubblica per l’assunzione a tempo indeterminato di 250 unità per la categoria D)” . Eviterai di confonderti fra diversi concorsi promossi dallo stesso ente.
  2. Verifica il numero dei posti disponibili, quelli riservati al personale interno o a favore delle categorie protette. Nonché eventuali altri limiti allo sbarramento. In ogni caso, nei pubblici concorsi le riserve di posti, già previste da leggi speciali in favore di particolari categorie di cittadini, non possono complessivamente superare la metà dei posti messi a concorso.
  3. Controlla se il bando allega anche la domanda di partecipazione. In mancanza dovrai compilarla su carta semplice indicando i requisiti di ammissione posseduti.
  4. Guarda quali sono le materie d’esame, le prove da sostenere ed eventuali fasi di preselezione
  5. Controlla sempre se vi sono eventuali pubblicazioni successive sulla gazzetta ufficiale
  6. Verifica il possesso dei requisiti di ammissione.
  7. I requisiti prescritti devono essere posseduti nel tempo massimo fissato nella data di scadenza della domanda di partecipazione.

Cosa contiene il bando di concorso

Il bando di concorso contiene:

  • i titoli richiesti
  • i requisiti soggettivi generali e particolari richiesti per l’ammissione all’impiego
  • il termine ultimo per l’invio della domanda o il riferimento alla scadenza del termine, in relazione alla pubblicazione del bando stesso
  • la modalità di presentazione della domanda
  • il diario e la sede (giorno, ora e luogo) delle prove d’esame
  • le materie oggetto delle prove: preselettive, scritte ed orali
  • il contenuto delle eventuali prove pratiche
  • la votazione minima richiesta per l’ammissione agli orali
  • i titoli che danno luogo a precedenza o preferenza (a parità di punteggio)
  • i titoli valutabili e il punteggio massimo attribuibile agli stessi, singolarmente e per categorie di titoli, vengono generalmente suddivisi in: titoli di studio, di servizio e vari
  • i titoli che danno luogo a precedenza o a preferenza a parità di punteggio, i termini e le modalità della loro presentazione
  • eventualmente il numero di posti riservati a categorie protette o al personale interno.

L’art. 5 del D.P.R. 487/94 elenca le categorie di cittadini che nei pubblici concorsi hanno
preferenza a parità di merito e a parità di titoli.

Quali sono i titoli di preferenza di un concorso pubblico

A parità di merito i titoli di preferenza sono:

  1. gli insigniti di medaglia al valor militare
  2. i mutilati ed invalidi di guerra ex combattenti
  3. i mutilati ed invalidi per fatto di guerra
  4. i mutilati ed invalidi per servizio nel settore pubblico e privato
  5. gli orfani di guerra
  6. gli orfani dei caduti per fatto di guerra
  7. gli orfani dei caduti per servizio nel settore pubblico e privato
  8. i feriti in combattimento
  9. gli insigniti di croce di guerra o di altra attestazione speciale di merito di guerra, nonché i capi di famiglia numerosa
  10. i figli dei mutilati e degli invalidi di guerra ex combattenti
  11. i figli dei mutilati e degli invalidi per fatto di guerra
  12. i figli dei mutilati e degli invalidi per servizio nel settore pubblico e privato
  13. i genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti di guerra
  14. i genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti per fatto di guerra
  15. i genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti per servizio nel settore pubblico o privato
  16. coloro che abbiano prestato servizio militare come combattenti
  17. coloro che abbiano prestato lodevole servizio a qualunque titolo, per non meno di un anno nell’amministrazione che ha indetto il concorso
  18. i coniugati e i non coniugati con riguardo al numero dei figli a carico
  19. gli invalidi ed i mutilati civili
  20. militari volontari delle Forze armate congedati senza demerito al termine della ferma o rafferma.

Come viene determinata la preferenza a parità di merito e titolo in un concorso pubblico

A parità di merito e di titoli la preferenza è determinata:
a) dal numero dei figli a carico, indipendentemente dal fatto che il candidato sia coniugato o meno
b) dall’aver prestato lodevole servizio nelle amministrazioni pubbliche
c) dalla minore età.

Riguardo ai posti riservati a categorie protette o al personale interno, in base al D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, vengono riservati posti a favore di particolari categorie di cittadini: persone invalide; militari in ferma di leva prolungata o volontari specializzati e ufficiali dei vari corpi.

Il bando di concorso deve, altresì, contenere la citazione della legge 10 aprile 1991, n. 125, che garantisce pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro.

Dovrebbe, inoltre, sempre essere indicato l’Ufficio e il responsabile del procedimento in corso, al quale poter richiedere informazioni.

Scarica la guida “Il bando

I requisiti di ammissione ai concorsi sono definiti tenendo conto della finalità del concorso, che è di selezionare i candidati migliori. Essi sono definiti, quindi, in relazione alla domanda e all’offerta, ovvero in relazione, da un lato, al profilo messo a bando e, dall’altro, al prevedibile numero di potenziali candidati. Di conseguenza, per profili elevati o specifici è di norma richiesta una particolare competenza nella materia o esperienza nel settore, adeguatamente documentata.

La norma di riferimento in materia di requisiti generali per accedere agli impieghi civili nella pubblica amministrazione è l’art. 2 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

Che requisiti bisogna avere per partecipare ai concorsi pubblici

Per partecipare ai concorsi pubblici occorre essere in possesso dei seguenti requisiti generali:

1) cittadinanza italiana.
Tale requisito non è richiesto per i soggetti appartenenti alla Unione europea (fatte salve le eccezioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 febbraio 1994, n. 174 che, all’art. 1, elenca i posti delle amministrazioni pubbliche dov’è richiesta la cittadinanza italiana: i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo; i posti con funzioni di vertice amministrativo delle strutture periferiche delle amministrazioni pubbliche dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici non economici, delle province e dei comuni nonché delle regioni e della Banca d’Italia; i posti dei magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, nonché i posti degli avvocati e procuratori dello Stato; i posti dei ruoli civili e militari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’interno, del Ministero di grazia e giustizia, del Ministero della difesa e del Ministero delle finanze). L’art. 38 del decreto legislativo 165/2001 estende la suddetta previsione ai “cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria” (facendo salve in ogni caso, le disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, in materia di conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca per le assunzioni al pubblico impiego nella provincia autonoma di Bolzano). Il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 all’articolo 2 (Diritti e doveri dello straniero) prevede, fra l’altro, che “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente”, che “la Repubblica italiana … garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani” nonché che “allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge”.

2) Età non inferiore agli anni 18.
La legge 15 maggio 1997, n. 127, con l’art. 3, commi 6 e 7 ha innovato in materia di disciplina dell’età per la partecipazione ai concorsi pubblici, stabilendo che “la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’amministrazione” nonché che “sono aboliti i titoli preferenziali relativi all’età e restano fermi le altre limitazioni e i requisiti previsti dalle leggi e dai regolamenti per l’ammissione ai concorsi pubblici. Se due o più candidati ottengono, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, pari punteggio, è preferito il candidato più giovane di età”.

3) Idoneità fisica all’impiego.
L’amministrazione ha facoltà di sottoporre a visita medica di controllo i vincitori di concorso, in base alla normativa vigente.

4) Godimento dei diritti politici.
Non possono accedere agli impieghi coloro che siano stati esclusi dall’elettorato politico attivo.

5) Assenza di cause ostative all’accesso.
Non possono accedere agli impieghi coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una Pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero siano stati dichiarati decaduti da un impiego statale. Non aver riportato condanne penali e di non avere in corso procedimenti penali o amministrativi e, in generale, di non trovarsi in situazioni che impediscano la costituzione del rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.

6) Regolare posizione nei riguardi degli obblighi di leva (per i candidati di sesso maschile nati entro il 31/12/1985)

7) Titolo di studio o professionale.
Il titolo richiesto è espressamente indicato dal bando (diploma, laurea, specializzazione, dottorato). In questo ambito, giova segnalare la previsione dell’articolo 35, comma 3, lett. e-ter), del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotta da ultimo dal decreto legislativo n. 75 del 2017, che consente di richiedere il possesso del titolo di dottore di ricerca quale requisito di accesso per specifici profili o livelli di inquadramento e comunque di valutarlo, ove pertinente, tra quelli rilevanti ai fini del concorso per titoli o per titoli ed esami. Per elevate professionalità, riconducibili anche alla posizione apicale dell’area o categoria non dirigenziale, secondo l’ordinamento professionale del comparto, è dunque possibile elevare i requisiti di accesso al punto da prevedere, tra i requisiti di ammissione, il dottorato di ricerca. Naturalmente, deve trattarsi di profili particolarmente qualificati o specialistici, per i quali un simile requisito sia ragionevole: si pensi a settori di ricerca o al reclutamento di figure professionali di altissima specializzazione e competenza. L’amministrazione può altresì chiarire nel bando quali discipline, tra quelle nelle quali il dottorato sia stato conseguito, siano rilevanti, in relazione al profilo per il quale è bandito il posto. Rimane ferma, ovviamente la possibilità di valutare il dottorato di ricerca e gli altri titoli di studio tra i titoli posseduti dai candidati: i bandi e i criteri elaborati dalle commissioni ben possono valorizzarli, ove lo ritengano opportuno in relazione alla carriera e al profilo richiesto. Nel corso degli anni, il sistema scolastico e il sistema accademico hanno conosciuto modifiche rilevanti. Ne consegue la necessità di valutare l’equipollenza o l’equivalenza del titolo di studio posseduto con quello richiesto dal bando di concorso. Valutare l’equipollenza o l’equivalenza di un diploma di laurea significa accertare la corrispondenza fra titoli del vecchio e del nuovo ordinamento o fra titoli conseguiti all’estero e i corrispondenti titoli rilasciati dalle università italiane, al fine di stabilire la propria idoneità di partecipazione.
I possessori, invece, di titoli rilasciati da università straniere ne devono chiedere il riconoscimento. Due o più titoli – accademici o anche scolastici – si dicono equipollenti quando è loro attribuita, dagli organi
competenti o dalla competente autorità, lo stesso valore legale e perciò la stessa efficacia giuridica. Significa, cioè, che i titoli – seppur conseguiti nel vigore di differenti ordinamenti didattici (si pensi ai diplomi di laurea del vecchio ordinamento e alle classi delle nuove lauree specialistiche), ovvero acquisiti in altri contesti nazionali (cioè presso università o istituzioni
scolastiche estere) – sono equiparati a tutti gli effetti e per ogni evenienza, per cui:

  • certificano l’acquisizione di competenze equivalenti
  • permettono la continuazione del percorso di studi a un livello superiore
  • permettono l’ammissione a concorsi pubblici ed esami di Stato
  • permettono l’accesso a ordini professionali

Si consideri però, come verrà precisato più avanti, che in genere l’equipollenza non è reciproca, ma “unidirezionale”, per cui se X è equipollente a Y ciò non implica che Y è automaticamente equipollente a X. Le equipollenze e le equiparazioni fra titoli accademici sono stabilite con decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), sulla base di criteri specifici e precisi riferimenti normativi. In proposito sono stati emanato due decreti, entrambi pubblicati nella Gazzetta ufficiale del 7 ottobre 2009, n. 233. Nella tabella allegata al primo decreto sono stabilite le equiparazioni fra le classi delle lauree di cui al decreto n. 509/1999 e le classi delle lauree di cui al decreto n. 270/2004, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi. Nella tabella allegata al secondo decreto, che sostituisce il decreto interministeriale 5 maggio 2004, vengono indicate le equiparazioni fra i titoli accademici del vecchio e del nuovo ordinamento, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi.
Precisamente, la tabella elenca:

  • nella 1a colonna i diplomi di laurea del vecchio ordinamento
  • nella 2a colonna i corrispondenti riferimenti normativi
  • nella 3a colonna le corrispondenti classi delle lauree specialistiche di cui al decreto ministeriale n. 509/1999
  • nella 4a colonna le corrispondenti classi delle lauree magistrali di cui al decreto ministeriale n. 270/2004

La corrispondenza deve intendersi in modo tassativamente alternativo. Compete all’Ateneo che ha conferito il diploma di laurea rilasciare, a chi ne fa richiesta, un certificato che attesti a quale singola classe è equiparato il titolo di studio posseduto, da allegare alle domande di partecipazione ai concorsi insieme con il certificato di laurea. Due titoli non equipollenti possono essere riconosciuti equivalenti per una finalità specifica. L’equivalenza è dunque una categoria utilizzabile quando non v’è un’equiparazione ufficiale stabilita dagli organismi competenti. Si pensi a un titolo di studio accademico acquisito all’estero. Sebbene i titoli stranieri non abbiano valore legale in Italia (i titolari che intendano avvalersene ne devono chiedere il riconoscimento), ciò non impedisce, per esempio, di considerare quel titolo come “equivalente” a un titolo accademico italiano, sia pure soltanto in funzione di una partecipazione a pubblici concorsi o del proseguimento degli studi, senza che la certificazione rilasciata a quel fine – e utilizzabile solo per quel fine – valga ad attribuire valore legale. Considerazioni analoghe, in base alle norme vigenti, valgono per l’assegnazione di borse di studio e altri benefici, l’iscrizione ai Centri per l’impiego, l’accesso al praticantato o al tirocinio successivi al conseguimento del titolo, l’accesso a pubblici concorsi o, ancora, l’attribuzione di punteggio per la definizione di graduatorie definitive o la progressione di carriera nella Pubblica Amministrazione.
In linea generale, la dichiarazione di equipollenza, a seconda delle finalità (di studio o professionali), compete:

  • agli Uffici Scolastici Provinciali, per quanto concerne l’equipollenza dei diplomi di livello preuniversitario
  • alle Università, per quanto concerne l’equipollenza dei titoli di studio esteri di livello accademico
  • al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, per l’equipollenza accademica dei titoli di dottorato di ricerca esteri
  • ai Ministeri competenti per materia, per quanto concerne il riconoscimento dei titoli abilitanti allo svolgimento di professioni regolamentate

La documentazione da allegare all’istanza comprende di solito il titolo originale, opportunamente legalizzato e tradotto, il certificato degli esami sostenuti (o delle materie di studio), con le relative valutazioni, legalizzato e tradotto, il programma analitico di studio, legalizzato e tradotto, la dichiarazione di valore in loco rilasciata dalla sede consolare italiana nel Paese in cui il titolo è stato conseguito. Quest’ultimo documento non è richiesto per i titoli conseguiti negli Stati membri dell’Unione Europea, dello Spazio economico europeo, e nella Confederazione elvetica. L’autorità competente, ricevuta l’istanza, può riconoscere (anche solo parzialmente) il curricolo degli studi svolti, disponendo, se opportuno, eventuali esami integrativi sulle materie caratterizzanti il titolo italiano richiesto, secondo i programmi e le modalità previste. In
generale è comunque richiesta una prova di competenza linguistica.
La dichiarazione di equipollenza dei titoli di studio stranieri può essere rilasciata nei confronti dei seguenti soggetti:

  • cittadini italiani o appartenenti a Stati membri dell’Unione europea
  • cittadini appartenenti a Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo e alla Confederazione elvetica
  • cittadini italiani per matrimonio
  • cittadini italiani per naturalizzazione
    titolari dello status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria

La dichiarazione di equivalenza, invece, permette l’utilizzazione del titolo di studio estero senza che occorra il rilascio di un corrispondente titolo italiano. Si tratta di un giudizio collegato a casistiche specifiche (es. accesso a pubblici concorsi, assegnazione di benefici, accesso a praticantati e tirocini ecc.), in relazione alle quali si certifica che il titolo di studio conseguito all’estero equivale a un titolo di studio italiano, senza con ciò conferire valore legale al titolo. L’istanza volta a ottenere la dichiarazione di equivalenza va inoltrata agli Enti, alle Amministrazioni o agli organismi di volta in volta interessati. Ogni informazione relativa al riconoscimento e alle equipollenze dei titoli di studio viene fornita dal Centro Informazione sulla Mobilità e le Equipollenze Accademiche (CIMEA), istituito in attuazione degli impegni assunti dall’Italia con la firma, e la successiva ratifica (L. 148/2002), della Convenzione di Lisbona sul riconoscimento dei titoli di studio dell’insegnamento superiore nella regione europea.
Nella tabella allegata al secondo decreto, sulle equiparazioni fra i titoli accademici del vecchio e del nuovo ordinamento, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, sono prese in considerazione quattro ipotesi:

  1. bandi che fanno riferimento al vecchio ordinamento (quello, cioè, previgente al decreto ministeriale n. 509/1999): ai relativi diplomi di laurea sono equiparati tutti i diplomi delle corrispondenti classi di laurea specialistica e magistrale
  2. bandi che fanno riferimento all’ordinamento di cui al decreto ministeriale n. 509/1999: ai relativi diplomi delle classi di laurea specialistica sono equiparati i corrispondenti diplomi del vecchio ordinamento e i diplomi delle corrispondenti classi di laurea magistrale di cui al decreto ministeriale n. 270/2004
  3. bandi che fanno riferimento all’ordinamento di cui al decreto ministeriale n. 270/2004: ai relativi diplomi delle classi di laurea magistrale sono equiparati i corrispondenti diplomi di laurea del vecchio ordinamento e i diplomi delle corrispondenti classi di laurea specialistica di cui al decreto ministeriale n. 509/1999;
  4. bandi che fanno riferimento all’ordinamento di cui al decreto ministeriale n. 509/1999 o n. 270/2004: sono equiparati fra loro i diplomi relativi alle classi di laurea specialistica o magistrale indicate nella medesima casella
  5. Se siete cittadini dell’Unione europea, in possesso di un titolo di studio conseguito in ambito europeo, e desiderate partecipare a corsi o concorsi presso Enti o Amministrazioni nel nostro Paese, ma non siete in possesso di un decreto di equipollenza al corrispondente titolo italiano, rilasciato dal competente organismo o dalla competente autorità, potete chiedere il riconoscimento del titolo di studio da voi posseduto, limitatamente alla procedura concorsuale cui intendere accedere

8) Competenze linguistiche e informatiche.
Esse potranno essere oggetto, oltre che di prove di esame o in alternativa a esse, di requisiti di ammissione, secondo le previsioni di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 165/2001, con riferimento all’accertamento “della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese, nonché, ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue straniere”. I bandi possono richiedere, per esempio, una certificazione di un certo livello di conoscenza della lingua inglese, sulla base del sistema di esami diffuso a livello internazionale. I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione. Per l’ammissione a particolari profili professionali di qualifica o categoria gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono prescrivere ulteriori requisiti. L’art. 2, comma 3 del D.P.R. 487/1994 dispone che “La Presidenza del Consiglio dei Ministri o l’amministrazione interessata dispongono in ogni momento, con provvedimento motivato, la esclusione dal concorso per difetto dei requisiti prescritti.”.

Scarica la guida “Requisiti per l’ammissione

La compilazione della domanda di partecipazione al concorso pubblico è un adempimento che richiede la massima attenzione da parte del candidato.

Come si compila la domanda di partecipazione ad un concorso pubblico

La domanda di partecipazione ad un concorso pubblico deve essere redatta seguendo scrupolosamente le modalità indicate nel bando di concorso (al quale spesso viene allegato lo schema della stessa). Il partecipante deve riportare tutte le indicazioni che, secondo le norme vigenti, i candidati sono tenuti a fornire. In assenza di una specifica disposizione la domanda può essere redatta su carta semplice indirizzata all’ente banditore. In ogni caso va sottoscritta, firmata (non è necessaria più l’autenticazione ai sensi dell’art. 3, della legge 15 maggio 1997, n. 127) e spedita, fatta salva diversa indicazione, entro e non oltre il 30° giorno dalla pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale.

Attenzione: all’atto della domanda il candidato dichiara il possesso dei requisiti di ammissione e dei titoli e la dichiarazione costituisce una vera e propria dichiarazione sostitutiva di certificazione. In ogni domanda leggiamo, infatti, espressioni del seguente tenore: “A tal fine dichiara, ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28.12.2000 n. 445, consapevole delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni mendaci di cui all’art. 76 del citato D.P.R. n. 445/2000, quanto segue: ….”, il che significa che una dichiarazione mendace comporta, oltre all’esclusione dalla procedura selettiva, una responsabilità che può essere sanzionata penalmente.

Dati obbligatori nella domanda di partecipazione ad un concorso pubblico

Lo schema tipico di domanda di partecipazione contiene i seguenti dati obbligatori:

  • Nome e Cognome
  • Data, luogo e provincia di nascita
  • Codice fiscale
  • Sesso
  • La residenza
  • Il possesso della cittadinanza italiana
  • Il comune nelle cui liste elettorali si è iscritti
  • Il titolo di studio
  • L’idoneità fisica all’impiego
  • Di non avere riportato condanne penali o sentenze di patteggiamento (in caso positivo specificare quali)
  • Di non avere in corso procedimenti penali (in caso positivo specificare quali)
  • Di non essere stati interdetti dai pubblici uffici né destituiti ovvero licenziati o dispensati dall’impiego presso una Pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero di non essere stati dichiarati decaduti da un impiego statale a seguito dell’accertamento che l’impiego stesso è stato conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile.

Una volta compilata attentamente e interamente la domanda, con esatta indicazione dei dati anagrafici, il candidato deve porre attenzione a due ulteriori aspetti procedurali:

  • il rispetto delle modalità di presentazione (telematica o postale)
  • il rispetto del termine di presentazione;
  • Il bando prevede espressamente il termine entro cui deve essere presentata la domanda; in caso di modalità cartacea la regola generale prevede che la domanda può essere spedita a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o a mano presso la sede dell’ente banditore. La data di spedizione delle domande è stabilita e comprovata dal timbro a data dell’ufficio postale accettante, almeno che il bando non preveda diversamente, ma in questo caso dovrà essere espressamente indicato.

Clausola di esclusione delle responsabilità nelle domande di partecipazione ai concorsi

Generalmente il bando contiene una clausola di esclusione della responsabilità (prevista dall’art. 4 del DPR n. 487/94) consistente nella previsione che l’amministrazione non assume responsabilità per la dispersione di comunicazioni dipendente da inesatte indicazione del recapito da parte del concorrente oppure da mancata o tardiva comunicazione del cambiamento dell’indirizzo indicato nella domanda, nè per eventuali disguidi postali o telegrafici o comunque imputabili a fatto di terzi, a caso fortuito o forza maggiore.

Invio domande per la partecipazione a selezioni e concorsi

L’art. 8 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35) dispone che “le domande per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni centrali banditi a decorrere dal 30 giugno 2012 sono inviate esclusivamente per via telematica secondo le modalità di cui all’articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). Sono nulle le clausole dei bandi in contrasto con la presente disposizione”. In caso di invio telematico della domanda di partecipazione, il bando oltre a prevedere il
giorno in cui scade la possibilità di candidarsi alla procedura, di norma indica anche l’orario ultimo entro cui aderire. Con sempre maggiore frequenza le Pubbliche Amministrazioni e gli Enti che bandiscono
un concorso, per poter accedere al sito di presentazione della domanda, utilizzano il “sistema SPID”: Sistema pubblico di identità digitale. È possibile utilizzare l’identità digitale da tutti i device: computer, tablet e smartphone.
Esistono tre livelli di autenticazione tramite SPID, a seconda del grado di sicurezza di cui necessitano i servizi richiesti:

  1. Accesso ai servizi online tramite username e password
  2. Oltre a username e password l’accesso è subordinato all’inserimento di una OTP (One time password), generalmente un codice temporaneo comunicato via sms
  3. Le misure di sicurezza si allargano al possesso di dispositivi come la “Smart card”
  4. Per ottenere l’Identità Digitale bisogna innanzitutto aver compiuto il diciottesimo anno di età

Sono necessari, inoltre: indirizzo e-mail valido; numero di cellulare; documento di identità in corso di validità (carta di identità, passaporto, patente); tessera sanitaria con il codice fiscale. Per procedere alla richiesta di SPID è individuare uno degli Identity provider disponibili in rete (Aruba, Infocert, Intesa, Lepida, Namirial, Poste, Register, Sielte e Tim). Scelto il provider, non resta che effettuare la registrazione compiendo tre azioni: inserire i dati anagrafici; creare le proprie credenziali (username e password); effettuare il riconoscimento (attraverso una delle modalità proposte).

Scarica la guida “La domanda di partecipazione ad un concorso

Lo svolgimento delle prove d’esame è regolato dagli articoli 6, 7 e 8 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

Il diario delle prove scritte deve essere comunicato ai singoli candidati almeno quindici giorni prima dell’inizio delle prove stesse. Tale comunicazione può essere sostituita dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica – IV serie speciale – Concorsi ed Esami.

Nel bando sono sempre specificate: le materie oggetto delle prove, il contenuto di quelle pratiche, la votazione minima richiesta per l’ammissione alle prove orali.

Le prove del concorso sia scritte che orali non possono aver luogo nei giorni festivi né, ai sensi della legge 8 marzo 1989, n. 101, nei giorni di festività religiose ebraiche rese note con decreto del Ministro dell’interno mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nonché nei giorni di festività religiose valdesi.

Numero di prove nei concorsi pubblici

A seconda della tipologia di concorso a cui si partecipa il numero delle prove sarà diverso. Nel caso del Concorso per esame, l’art.7 del citato D.P.R. 487/94 prevede:

  • Per i profili professionali della settima qualifica o categoria superiore: in almeno due prove scritte, una delle quali può essere a contenuto teorico-pratico ed in una prova orale, comprendente l’accertamento della conoscenza di una lingua straniera, tra quelle indicate nel bando. I voti sono espressi, di norma, in trentesimi. Conseguono l’ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente. Il colloquio verte sulle materie oggetto delle prove scritte e sulle altre indicate nel bando di concorso e si intende superato con una votazione di almeno 21/30 o equivalente.
  • Per i profili professionali della quinta e sesta qualifica o categoria: in due prove scritte, di cui una pratica o a contenuto teorico-pratico, e in una prova orale. Conseguono l’ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente. Il colloquio verte sulle materie oggetto delle prove scritte e sulle altre indicate nel bando e si intende superato con una votazione di almeno 21/30 o equivalente.

I bandi di concorso possono stabilire che una delle prove scritte per l’accesso ai profili professionali della settima qualifica o categoria superiore consista in una serie di quesiti a risposta sintetica. Per i profili professionali delle qualifiche o categorie di livelli inferiori al settimo, il bando di concorso relativo può stabilire che le prove consistano in appositi tests bilanciati da risolvere in un tempo predeterminato, ovvero in prove pratiche attitudinali tendenti ad accertare la maturità e la professionalità dei candidati con riferimento alle attività che i medesimi sono chiamati a svolgere. Nel caso di Concorso per titoli e per esami, la valutazione dei titoli, previa individuazione dei criteri, è effettuata dopo le prove scritte e prima che si proceda alla correzione dei relativi elaborati. Per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente; il bando indica i titoli valutabili ed il punteggio massimo agli stessi attribuibile singolarmente e per categorie di titoli. La votazione complessiva è determinata sommando il voto conseguito nella valutazione dei titoli al voto complessivo riportato nelle prove d’esame.

Prove scritte e prove orali nei concorsi pubblici

Durante le prove scritte non è permesso ai concorrenti di comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero di mettersi in relazione con altri, salvo che con gli incaricati della vigilanza o con i membri della commissione esaminatrice.

Gli elaborati debbono essere scritti esclusivamente, a pena di nullità, su carta portante il timbro d’ufficio e la firma di un componente della commissione esaminatrice o, nel caso di svolgimento delle prove in località diverse, da un componente del comitato di vigilanza.

I candidati non possono portare carta da scrivere, appunti manoscritti, libri o pubblicazioni di qualunque specie. Possono consultare soltanto i testi di legge non commentati ed autorizzati dalla commissione, se previsti dal bando di concorso, ed i dizionari. Il concorrente che contravviene alle disposizioni dei commi precedenti o comunque abbia copiato in tutto o in parte lo svolgimento del tema, è escluso dal concorso. Nel caso in cui risulti che uno o più candidati abbiano copiato, in tutto o in parte, l’esclusione è disposta nei confronti di tutti i candidati coinvolti. La commissione esaminatrice o il comitato di vigilanza curano l’osservanza delle disposizioni stesse ed hanno facoltà di adottare i provvedimenti necessari. A tale scopo, almeno due dei rispettivi membri devono trovarsi nella sala degli esami. La mancata esclusione all’atto della prova non preclude che l’esclusione sia disposta in sede di valutazione delle prove medesime.

Ai candidati che conseguono l’ammissione alla prova orale deve essere data comunicazione, con l’indicazione del voto riportato in ciascuna delle prove scritte, almeno venti giorni prima della prova orale. Questa si svolgerà in un’aula aperta al pubblico. Al termine di ogni seduta dedicata alla prova orale, la commissione giudicatrice forma l’elenco dei candidati esaminati, con l’indicazione dei voti da ciascuno riportati che sarà affisso nella sede degli esami.

Cosa sono le prove preselettive in un concorso pubblico

Le prove preselettive sono esplicitamente previste nel bando di gara. Sono di solito organizzate sotto forma di quiz a risposta multipla su argomenti di cultura generale, sulle capacità psico-attitudinali del candidato o sulle materie indicate nel bando.

Superata la preselezione il candidato è ammesso alla prima prova scritta. Per garantire trasparenza ed imparzialità di un concorso di norma gli elaborati sono corretti mediante strumenti informatici. L’esito della prova è pubblico e consultabile sul sito dell’ente che bandisce il concorso o presso la sede indicata nel bando o negli avvisi successivi allo stesso.

Il citato D.P.R. 487/94 disciplina altresì la composizione e gli adempimenti relativi alle commissioni esaminatrici.

Scarica la guida “Lo svolgimento delle prove d’esame nei concorsi pubblici

L’art. 15 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 reca la disciplina generale in materia di graduatorie. In particolare esso prevede che le graduatorie dei vincitori dei concorsi siano pubblicate nel Bollettino ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri o dell’amministrazione interessata. Per gli enti locali territoriali le graduatorie sono pubblicate nell’albo pretorio del relativo ente. Di tale pubblicazione è data notizia mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Quanto rimangono efficaci le graduatorie di un concorso pubblico

La suddetta norma prescrive che le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di diciotto mesi dalla data della pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili.

Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, all’art. 35, comma 5 ter prevede invece che “Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali.”.

Di recente è intervenuta in materia la Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019), art. 1, commi da 360 a 366, che, oltre a confermare la durata triennale delle graduatorie (decorrente dalla data di approvazione di ciascuna graduatoria), prevede che le stesse possano essere utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso, stabilisce che le graduatorie dei concorsi di accesso al pubblico impiego la cui data di approvazione è antecedente al 1° gennaio 2010 non sono più vigenti e disciplina la durata della vigenza delle graduatorie degli anni successivi al 2010.

Da ultimo il decreto legge 3 settembre 2019, n. 101, ha stabilito (all’art. art. 6-bis Armonizzazione dei termini di validità di graduatorie di pubblici concorsi) che “al fine di ripristinare gradualmente la durata triennale della validità delle graduatorie dei concorsi di accesso al pubblico impiego, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali, la validità delle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2016 è estesa nei limiti temporali di seguito indicati:

  • la validità delle graduatorie approvate nell’anno 2016 è estesa fino al 30 settembre 2020
  • la validità delle graduatorie approvate nell’anno 2017 è estesa fino al 31 marzo 2021
  • la validità delle graduatorie approvate nell’anno 2018 è estesa fino al 31 dicembre 2021
  • la validità delle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2019 ha durata triennale, ai sensi dell’articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, decorrente dalla data di approvazione di ciascuna graduatoria”

Lo stesso articolo prevede inoltre che: “è possibile procedere allo scorrimento delle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2015, entro e non oltre il 30 settembre 2020” nonché che: “è altresi’ possibile procedere allo scorrimento delle graduatorie approvate nell’anno 2011 entro e non oltre il 31 marzo 2020, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali, previa frequenza obbligatoria da parte dei soggetti inseriti nelle graduatorie di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità ed economicità e utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente, e previo superamento da parte dei soggetti inseriti nelle graduatorie di un apposito esame-colloquio diretto a verificarne la perdurante idoneità”.

Scarica la guida “Le graduatorie

Il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 disciplina anche l’ultima fase che riguarda i vincitori della procedura concorsuale: l’assunzione in servizio; l’art. 17 infatti prevede che i candidati dichiarati vincitori sono invitati, a mezzo assicurata convenzionale, ad assumere servizio in via provvisoria, sotto riserva di accertamento del possesso dei requisiti prescritti per la nomina e sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori.

La durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste ed è definita nei Contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). I provvedimenti di nomina in prova sono immediatamente esecutivi. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei candidati vincitori assunti ed eventuali modifiche nell’arco dei diciotto mesi di validità della graduatoria.

Il vincitore, che non assuma servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito, decade dalla nomina. Qualora il vincitore assuma servizio, per giustificato motivo, con ritardo sul termine prefissatogli, gli effetti economici decorrono dal giorno di presa di servizio.

Il rapporto di lavoro è costituito e regolato da un contratto individuale e dal Contratto collettivo nazionale di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di legge, e della normativa comunitaria. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno costituisce la forma ordinaria di rapporto di lavoro.

Il contratto di lavoro:

Nel contratto di lavoro individuale, per il quale è richiesta la forma scritta, sono comunque indicati:

  • tipologia del rapporto di lavoro
  • data di inizio del rapporto di lavoro
  • area o categoria e profilo professionale di inquadramento
  • livello retributivo iniziale
  • durata del periodo di prova
  • sede di lavoro
  • termine finale in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato

Scarica la guida “L’assunzione in servizio

L’art. 17 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 dispone che “I vincitori dei concorsi, salva la possibilità di trasferimenti d’ufficio nei casi previsti dalla legge, devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a sette anni e, in tale periodo, non possono essere nemmeno comandati o distaccati presso sedi con dotazioni organiche complete. In ogni caso non può essere attivato alcun comando o distacco nel caso in cui la sede di prima destinazione abbia posti vacanti nella dotazione organica della qualifica posseduta, salvo che il dirigente della sede di appartenenza non lo consenta espressamente”.
La mobilità nel pubblico impiego è stata successivamente oggetto di diversi interventi legislativi.

Ai sensi dell’articolo 35, comma 5 bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165: “I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi.

Esistono anche norme che regolano fattispecie specifiche, quale ad esempio, nel caso degli Enti pubblici di ricerca, il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218 che (con l’art. 11, comma 2) fissa in tre anni la durata temporale dell’obbligo di permanenza nella sede di prima destinazione, per il personale in servizio di ruolo.

Il suddetto decreto legislativo 165/2001 prevede altresì un istituto di mobilità volontaria, ossia su domanda del dipendente; infatti l’art. 30 stabilisce che “le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere. In via sperimentale e fino all’introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali non è richiesto l’assenso dell’amministrazione di appartenenza, la quale dispone il trasferimento entro due mesi dalla richiesta dell’amministrazione di destinazione, fatti salvi i termini per il preavviso e a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore all’amministrazione di appartenenza”.

Il decreto legislativo 165/2001 contempla altre ipotesi di mobilità: quali la mobilità collettiva, disciplinata dall’art. 33, per le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale e la mobilità fra pubblico e privato, disciplinata dall’art. 23 bis. Infine, lo stesso decreto 165/2001 e i Contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono un’ulteriore istituto di mobilità temporanea, attuabile su domanda o comunque con il consenso del dipendente interessato, l’assegnazione temporanea presso altra amministrazione.

Scarica la guida “La mobilità nel pubblico impiego

Il rapporto di lavoro alle dipendenze di un’amministrazione pubblica può estinguersi per:

  • Collocamento a riposo
  • Destituzione – licenziamento
  • Dispensa dal servizio per inidoneità fisica e psichica
  • Dimissioni
  • Risoluzione
  • Decadenza. Le ipotesi sono: perdita della cittadinanza italiana, avvenuta accettazione di una missione o altro incarico da un’autorità straniera senza autorizzazione del Ministro competente, o per mancata cessazione della situazione di incompatibilità tra obblighi di servizio e attività svolte dal dipendente
  • Decesso del dipendente

Scarica la guida “L’estinzione del rapporto di lavoro