Requisiti per l’ammissione ai Concorsi Pubblici

I requisiti di ammissione ai concorsi sono definiti tenendo conto della finalità del concorso, che è di selezionare i candidati migliori. Essi sono definiti, quindi, in relazione alla domanda e all’offerta, ovvero in relazione, da un lato, al profilo messo a bando e, dall’altro, al prevedibile numero di potenziali candidati. Di conseguenza, per profili elevati o specifici è di norma richiesta una particolare competenza nella materia o esperienza nel settore, adeguatamente documentata.

La norma di riferimento in materia di requisiti generali per accedere agli impieghi civili nella pubblica amministrazione è l’art. 2 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

Che requisiti bisogna avere per partecipare ai concorsi pubblici

Per partecipare ai concorsi pubblici occorre essere in possesso dei seguenti requisiti generali:

 1) cittadinanza italiana.
Tale requisito non è richiesto per i soggetti appartenenti alla Unione europea (fatte salve le eccezioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 febbraio 1994, n. 174 che, all’art. 1, elenca i posti delle amministrazioni pubbliche dov’è richiesta la cittadinanza italiana: i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo; i posti con funzioni di vertice amministrativo delle strutture periferiche delle amministrazioni pubbliche dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici non economici, delle province e dei comuni nonché delle regioni e della Banca d’Italia; i posti dei magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, nonché i posti degli avvocati e procuratori dello Stato; i posti dei ruoli civili e militari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’interno, del Ministero di grazia e giustizia, del Ministero della difesa e del Ministero delle finanze). L’art. 38 del decreto legislativo 165/2001 estende la suddetta previsione ai “cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria” (facendo salve in ogni caso, le disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, in materia di conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca per le assunzioni al pubblico impiego nella provincia autonoma di Bolzano). Il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 all’articolo 2 (Diritti e doveri dello straniero) prevede, fra l’altro, che “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente”, che “la Repubblica italiana … garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani” nonché che “allo straniero è riconosciuta parità di trattamento
con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge”.

2) Età non inferiore agli anni 18.
La legge 15 maggio 1997, n. 127, con l’art. 3, commi 6 e 7 ha innovato in materia di disciplina dell’età per la partecipazione ai concorsi pubblici, stabilendo che “la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’amministrazione” nonché che “sono aboliti i titoli preferenziali relativi all’età e restano fermi le altre limitazioni e i requisiti previsti dalle leggi e dai regolamenti per l’ammissione ai concorsi pubblici. Se due o più candidati ottengono, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, pari punteggio, è preferito il candidato più giovane di età”.

3) Idoneità fisica all’impiego.
L’amministrazione ha facoltà di sottoporre a visita medica di controllo i vincitori di concorso, in base alla normativa vigente.

4) Godimento dei diritti politici.
Non possono accedere agli impieghi coloro che siano stati esclusi dall’elettorato politico attivo.

5) Assenza di cause ostative all’accesso.
Non possono accedere agli impieghi coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una Pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero siano stati dichiarati decaduti da un impiego statale. Non aver riportato condanne penali e di non avere in corso procedimenti penali o amministrativi e, in generale, di non trovarsi in situazioni che impediscano la costituzione del rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.

6) Regolare posizione nei riguardi degli obblighi di leva (per i candidati di sesso maschile nati entro il 31/12/1985)

7) Titolo di studio o professionale.
Il titolo richiesto è espressamente indicato dal bando (diploma, laurea, specializzazione, dottorato). In questo ambito, giova segnalare la previsione dell’articolo 35, comma 3, lett. e-ter), del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotta da ultimo dal decreto legislativo n. 75 del 2017, che consente di richiedere il possesso del titolo di dottore di ricerca quale requisito di accesso per specifici profili o livelli di inquadramento e comunque di valutarlo, ove pertinente, tra quelli rilevanti ai fini del concorso per titoli o per titoli ed esami. Per elevate professionalità, riconducibili anche alla posizione apicale dell’area o categoria non dirigenziale, secondo l’ordinamento professionale del comparto, è dunque possibile elevare i requisiti di accesso al punto da prevedere, tra i requisiti di ammissione, il dottorato di ricerca. Naturalmente, deve trattarsi di profili particolarmente qualificati o specialistici, per i quali un simile requisito sia ragionevole: si pensi a settori di ricerca o al reclutamento di figure professionali di altissima specializzazione e competenza. L’amministrazione può altresì chiarire nel bando quali discipline, tra quelle nelle quali il dottorato sia stato conseguito, siano rilevanti, in relazione al profilo per il quale è bandito il posto. Rimane ferma, ovviamente la possibilità di valutare il dottorato di ricerca e gli altri titoli di studio tra i titoli posseduti dai candidati: i bandi e i criteri elaborati dalle commissioni ben possono valorizzarli, ove lo ritengano opportuno in relazione alla carriera e al profilo richiesto. Nel corso degli anni, il sistema scolastico e il sistema accademico hanno conosciuto modifiche rilevanti. Ne consegue la necessità di valutare l’equipollenza o l’equivalenza del titolo di studio posseduto con quello richiesto dal bando di concorso. Valutare l’equipollenza o l’equivalenza di un diploma di laurea significa accertare la corrispondenza fra titoli del vecchio e del nuovo ordinamento o fra titoli conseguiti all’estero e i corrispondenti titoli rilasciati dalle università italiane, al fine di stabilire la propria idoneità di partecipazione.
I possessori, invece, di titoli rilasciati da università straniere ne devono chiedere il riconoscimento. Due o più titoli – accademici o anche scolastici – si dicono equipollenti quando è loro attribuita, dagli organi
competenti o dalla competente autorità, lo stesso valore legale e perciò la stessa efficacia giuridica. Significa, cioè, che i titoli – seppur conseguiti nel vigore di differenti ordinamenti didattici
(si pensi ai diplomi di laurea del vecchio ordinamento e alle classi delle nuove lauree specialistiche), ovvero acquisiti in altri contesti nazionali (cioè presso università o istituzioni
scolastiche estere) – sono equiparati a tutti gli effetti e per ogni evenienza, per cui:

  • certificano l’acquisizione di competenze equivalenti
  • permettono la continuazione del percorso di studi a un livello superiore
  • permettono l’ammissione a concorsi pubblici ed esami di Stato
  • permettono l’accesso a ordini professionali

Si consideri però, come verrà precisato più avanti, che in genere l’equipollenza non è reciproca, ma “unidirezionale”, per cui se X è equipollente a Y ciò non implica che Y è automaticamente equipollente a X. Le equipollenze e le equiparazioni fra titoli accademici sono stabilite con decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), sulla base di criteri specifici e precisi riferimenti normativi. In proposito sono stati emanato due decreti, entrambi pubblicati nella Gazzetta ufficiale del 7 ottobre 2009, n. 233. Nella tabella allegata al primo decreto sono stabilite le equiparazioni fra le classi delle lauree di cui al decreto n. 509/1999 e le classi delle lauree di cui al decreto n. 270/2004, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi. Nella tabella allegata al secondo decreto, che sostituisce il decreto interministeriale 5 maggio 2004,  vengono indicate le equiparazioni fra i titoli accademici del vecchio e del nuovo ordinamento, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi.
Precisamente, la tabella elenca:

  • nella 1a colonna i diplomi di laurea del vecchio ordinamento
  • nella 2a colonna i corrispondenti riferimenti normativi
  • nella 3a colonna le corrispondenti classi delle lauree specialistiche di cui al decreto ministeriale n. 509/1999
  • nella 4a colonna le corrispondenti classi delle lauree magistrali di cui al decreto ministeriale n. 270/2004

La corrispondenza deve intendersi in modo tassativamente alternativo. Compete all’Ateneo che ha conferito il diploma di laurea rilasciare, a chi ne fa richiesta, un certificato che attesti a quale singola classe è equiparato il titolo di studio posseduto, da allegare alle domande di partecipazione ai concorsi insieme con il certificato di laurea. Due titoli non equipollenti possono essere riconosciuti equivalenti per una finalità specifica. L’equivalenza è dunque una categoria utilizzabile quando non v’è un’equiparazione ufficiale stabilita dagli organismi competenti. Si pensi a un titolo di studio accademico acquisito all’estero. Sebbene i titoli stranieri non abbiano valore legale in Italia (i titolari che intendano avvalersene ne devono chiedere il riconoscimento), ciò non impedisce, per esempio, di considerare quel titolo come “equivalente” a un titolo accademico italiano, sia pure soltanto in funzione di una partecipazione a pubblici concorsi o del proseguimento degli studi, senza che la certificazione rilasciata a quel fine – e utilizzabile solo per quel fine – valga ad attribuire valore legale. Considerazioni analoghe, in base alle norme vigenti, valgono per l’assegnazione di borse di studio e altri benefici, l’iscrizione ai Centri per l’impiego, l’accesso al praticantato o al tirocinio successivi al conseguimento del titolo, l’accesso a pubblici concorsi o, ancora, l’attribuzione di punteggio per la definizione di graduatorie definitive o la progressione di carriera nella Pubblica Amministrazione.
In linea generale, la dichiarazione di equipollenza, a seconda delle finalità (di studio o professionali), compete:

  • agli Uffici Scolastici Provinciali, per quanto concerne l’equipollenza dei diplomi di livello preuniversitario
  • alle Università, per quanto concerne l’equipollenza dei titoli di studio esteri di livello accademico
  • al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, per l’equipollenza accademica dei titoli di dottorato di ricerca esteri
  • ai Ministeri competenti per materia, per quanto concerne il riconoscimento dei titoli abilitanti allo svolgimento di professioni regolamentate

La documentazione da allegare all’istanza comprende di solito il titolo originale, opportunamente legalizzato e tradotto, il certificato degli esami sostenuti (o delle materie di studio), con le relative valutazioni, legalizzato e tradotto, il programma analitico di studio, legalizzato e tradotto, la dichiarazione di valore in loco rilasciata dalla sede consolare italiana nel Paese in cui il titolo è stato conseguito. Quest’ultimo documento non è richiesto per i titoli conseguiti negli Stati membri dell’Unione Europea, dello Spazio economico europeo, e nella Confederazione elvetica. L’autorità competente, ricevuta l’istanza, può riconoscere (anche solo parzialmente) il curricolo degli studi svolti, disponendo, se opportuno, eventuali esami integrativi sulle materie caratterizzanti il titolo italiano richiesto, secondo i programmi e le modalità previste. In
generale è comunque richiesta una prova di competenza linguistica.
La dichiarazione di equipollenza dei titoli di studio stranieri può essere rilasciata nei confronti dei seguenti soggetti:

  • cittadini italiani o appartenenti a Stati membri dell’Unione europea
  • cittadini appartenenti a Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo e alla Confederazione elvetica
  • cittadini italiani per matrimonio
  • cittadini italiani per naturalizzazione
  • titolari dello status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria

La dichiarazione di equivalenza, invece, permette l’utilizzazione del titolo di studio estero senza che occorra il rilascio di un corrispondente titolo italiano. Si tratta di un giudizio collegato a casistiche specifiche (es. accesso a pubblici concorsi, assegnazione di benefici, accesso a praticantati e tirocini ecc.), in relazione alle quali si certifica che il titolo di studio conseguito all’estero equivale a un titolo di studio italiano,
senza con ciò conferire valore legale al titolo. L’istanza volta a ottenere la dichiarazione di equivalenza va inoltrata agli Enti, alle Amministrazioni o agli organismi di volta in volta interessati. Ogni informazione relativa al riconoscimento e alle equipollenze dei titoli di studio viene fornita dal Centro Informazione sulla Mobilità e le Equipollenze Accademiche (CIMEA), istituito in attuazione degli impegni assunti dall’Italia con la firma, e la successiva ratifica (L. 148/2002), della Convenzione di Lisbona sul riconoscimento dei titoli di studio dell’insegnamento superiore nella regione europea.
Nella tabella allegata al secondo decreto, sulle equiparazioni fra i titoli accademici del vecchio e del nuovo ordinamento, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, sono prese in considerazione quattro ipotesi:

  1. bandi che fanno riferimento al vecchio ordinamento (quello, cioè, previgente al decreto ministeriale n. 509/1999): ai relativi diplomi di laurea sono equiparati tutti i diplomi delle corrispondenti classi di laurea specialistica e magistrale
  2. bandi che fanno riferimento all’ordinamento di cui al decreto ministeriale n. 509/1999: ai relativi diplomi delle classi di laurea specialistica sono equiparati i corrispondenti diplomi del vecchio ordinamento e i diplomi delle corrispondenti classi di laurea magistrale di cui al decreto ministeriale n. 270/2004
  3. bandi che fanno riferimento all’ordinamento di cui al decreto ministeriale n. 270/2004: ai relativi diplomi delle classi di laurea magistrale sono equiparati i corrispondenti diplomi di laurea del vecchio ordinamento e i diplomi delle corrispondenti classi di laurea specialistica di cui al decreto ministeriale n. 509/1999;
  4. bandi che fanno riferimento all’ordinamento di cui al decreto ministeriale n. 509/1999 o n. 270/2004: sono equiparati fra loro i diplomi relativi alle classi di laurea specialistica o magistrale indicate nella medesima casella
  5. Se siete cittadini dell’Unione europea, in possesso di un titolo di studio conseguito in ambito europeo, e desiderate partecipare a corsi o concorsi presso Enti o Amministrazioni nel nostro Paese, ma non siete in possesso di un decreto di equipollenza al corrispondente titolo italiano, rilasciato dal competente organismo o dalla competente autorità, potete chiedere il riconoscimento del titolo di studio da voi posseduto,
    limitatamente alla procedura concorsuale cui intendere accedere

8) Competenze linguistiche e informatiche.
Esse potranno essere oggetto, oltre che di prove di esame o in alternativa a esse, di requisiti di ammissione, secondo le previsioni di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 165/2001, con riferimento all’accertamento “della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese, nonché, ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue straniere”. I bandi possono richiedere, per esempio, una certificazione di un certo livello di conoscenza della lingua inglese, sulla base del sistema di esami diffuso a livello internazionale. I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione. Per l’ammissione a particolari profili professionali di qualifica o categoria gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono prescrivere ulteriori requisiti. L’art. 2, comma 3 del D.P.R. 487/1994 dispone che “La Presidenza del Consiglio dei Ministri o l’amministrazione interessata dispongono in ogni momento, con provvedimento motivato, la esclusione dal concorso per difetto dei requisiti prescritti.”.

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